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il Sidicino
 
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Indice Carlo Antuono
 
 

Spigolature de il Sidicino e altro

 
 

“Tempora mutantur, nos et mutamur in illis” avrebbero detto i Latini, sembra ieri quando il compianto Guido Zarone volle nel gennaio del 2004 iniziare l'avventura de il Sidicino che, diciamocelo, disperavamo tutti durasse tanto. Uomo un po' d'altri tempi nei suoi fermi valori con la sua barba sempre molto curata, lo si sarebbe potuto, con un po' di fantasia, figurare risalire i ripidi gradoni che da san Michele portano all'ex convento di san Francesco (poi sede comunale), per scorgere un notaio del '500 che con cappa, rotoli, carteggi vari e vestimenti di velluto si avviava a partecipare ad una riunione amministrativa dei vastissimi tenimenti e casali dell'allora “Università di Tiano Sidicino”.
Guido nel suo entusiasmo testardo ma soprattutto per l'amore sviscerato che provava per la sua “dea Teano”, si mise in testa di voler far rinascere la “Fenice” di un giornale edito nel lontano 1874, appunto, «il Sidicino». Un quotidiano con manifeste tendenze politiche, nato come supporto alle elezioni politiche della destra storica nel comprensorio di Teano, in una giovane Italia che iniziava il suo duro e interminabile cammino post unitario; quel giornale non ebbe una lunga vita, durò forse il tempo dell'ultimo anno della campagna elettorale 1870/74.
Il nostro Sidicino non nacque con intenti politici, si pensò soprattutto ad un profilo storico culturale e archeologico del giornale, per salvaguardare e testimoniare l'importanza dell'antica città Sidicina prima, poi romana, ma rimasta costantemente importante fino al '900 quale polo amministrativo e di attrazione commerciale e culturale dei vasti territori limitrofi. In questo contesto un'attenzione particolare andava data alla storia e alla cultura popolare con la proposizione e quindi salvaguardia del nostro vernacolo, delle canzoni, filastrocche, proverbi, recupero dell'artigianato, e perché no! Raccolte di epiteti di personaggi e frivolezze varie. Tutto ciò nella convinzione ancora attuale, per dirla con il grande storico del linguaggio Tullio De Mauro, che “ Una comunità diventa povera e serva quando perde la sua lingua (identità n.d.a.)”.
Quando questi argomenti per diverse ragioni vengono ad affievolirsi, quando la città non offre più stimoli sociali ed organizzativi di nessun genere e tende ad appiattirsi in un processo che dura ormai da molti lustri, avviandosi a diventare un dormitorio pubblico, ecco che anche un giornale locale perde la propria verve propositiva per ricalcare ripetitivi dibattiti che vanno in onda ad ogni ora del giorno e della notte.
Ora, la mia impressione, per dirla in breve e senza indugio, è che la febbre dei Talk Show ed il loro modo di far notizia e porre le questioni che ormai ha invaso la televisione e perfino la buona vecchia radio, stiano influenzando anche il nostro giornale nel modo di porsi davanti alle questioni. L'atteggiamento cui mi riferisco, in generale, ma lo si avverte ormai in ogni dibattito, è quel modo obsoleto di intendere politicamente pensieri diversamente legittimi che il tempo non riesce più a racchiudere nei contenitori di: Destra e Sinistra.
Atteggiamento che dura in Italia da dopo la “liberazione” e dal quale non si riesce a venire fuori ormai da 70 anni, senza spostarsi di una virgola, ognuno sta lì “con lancia in resta” ad arrampicarsi in aspri dibattiti di appartenenze storico/culturali e politiche che in nessun altro paese si mostrano con questi toni.
Negli anni '70/80 quando a venti anni (o giù di lì), non si poteva che essere di sinistra mi ritrovai a leggere un articolo su colui che un epiteto di allora indicava con il Migliore, Palmiro Togliatti influente dirigente comunista mondiale, guidò il partito comunista italiano dagli anni venti agli anni sessanta, appresi della lunga permanenza in Russia quale fuori uscito e quale componente della Commissione per la preparazione dell'Internazionale Comunista, rimase in Russia quale ospite insieme alla sua famiglia fino al ritorno in Italia dopo la II Guerra Mondiale, in seguito ebbe una città nominata in suo onore.
A quel punto, mi chiesi banalmente, con il senno di poi, dopo la divisione in blocchi fra mondo Occidentale ed Orientale, il muro di Berlino, la Primavera di Praga etc. etc., come potesse un dirigente istituzionale Italiano, manovrare politicamente insieme al suo grande partito, reduci fra l'altro dalla “liberazione” da un partito totalitario, per riconsegnare la propria Nazione aldilà della Cortina di Ferro nella mani di un altro Sistema totalitario, tutto ciò alla luce di una sperimentazione di vita sociale fatta proprio in Russia, in uno stato totalitario.
Bisogna dunque essere più cauti nel considerare le ideologie quali dogmi, intuendo bene che esse non sono altro che formule umane che diventano vuote e inadeguate col passare del tempo e degli interessi, lasciando il posto a nuove formule di vita e di regole. Come incomparabilmente ci insegna uno dei più grandi studiosi della nascita del pensiero Europeo del '900 Bruno Snell: “ … Si potrebbero fare facilmente degli esempi tratti dai campi più disparati della vita umana, dalle convenzioni sociali o dalle norme dell'ordinamento politico, dalle usanze religiose o dall'arte figurativa: dappertutto si offre uno stesso affascinante spettacolo, come le vecchie tradizioni siano in parte conservate, in parte abbandonate, in parte animate di nuovo spirito. Questo spettacolo ci è familiare dai nostri tempi, dove, certo, non appare sempre in forma attraente, ma piuttosto come una contesa aspra e cattiva di opinioni, dove gli uni, che si mettono dalla parte della tradizione, si danno il nome di conservatori, ma sono chiamati reazionari dagli avversari, mentre gli altri, che si mettono al servizio dello spirito nuovo e sono pronti a gettare a mare, come una pesante zavorra, gran parte della tradizione, sono considerati dai loro avversari, come sovversivi e distruttori. Siamo avvezzi a scorgere, in questa sorta di conflitto, una lotta dei partiti e dei ceti sociali (i possidenti sarebbero piuttosto conservatori e i poveri rivoluzionari), o magari un contrasto di generazioni (la gioventù è più attratta dalle novità della vecchiaia), e così si diffonde la convinzione che il conservatorismo o il riformismo siano una specie di ideologia, di visione del mondo, come se si trattasse di dogmi a cui si possa aderire o che si debba combattere, mentre, se appena ci si riflette sopra, la questione è molto più semplice, ed è di vedere se una determinata tradizione abbia ancora un significato o se sia ormai vuota, se in un determinato campo si manifesti, o no, un nuovo spirito vivente.... Una distruzione avventata può dunque essere altrettanto deleteria di un'ottusa conservazione.”
Bene, adesso per alleggerire un po' il discorso, possiamo dire che di digressione in digressione siamo giunti fin qui per dire che il mio edicolante perde la testa nell'individuare ogni mattina quale quotidiano io abbia l'abitudine di leggere: alternativamente ognuno, dico io!

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XIX 2023 - n. 9 Settembre)