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L'eterna prevaricazione sulle donne

 

È da poco trascorsa la giornata della sensibilizzazione contro le violenze sulle donne: vogliamo parlarne, vogliamo parlare di loro e soprattutto declamarne i nomi, ci sembra giusto farlo e pensiamo che ognuno, anche nel proprio piccolo ed in ogni campo, possa contribuire a spezzare una lancia in loro favore.
Ci fu un tempo, come abbiamo avuto modo già di accennare su questo giornale in altro contesto, in cui le donne ebbero lo scettro del comando nell’organizzazione della vita sociale e religiosa, almeno dalla fine del neolitico e fino ad un paio di migliaia di anni fa. Poi cominciò il declino e lentamente esse furono assoggettate dall’uomo, che prese praticamente possesso di ogni cosa diventando il padrone incontestato del mondo. Ciò cominciò a succedere soprattutto quando il maschio prese coscienza che il merito di fecondare le donne era suo e non del vento o dei fiumi.
Col passare del tempo, in un mondo peraltro costruito ad uso e consumo del maschio, le donne si sono rassegnate al controllo che gli uomini avevano delle loro vite. Relegate in ruoli per niente importanti e rappresentativi ma sicuramente faticosi, esse si convinsero a poco a poco che così doveva essere e che il predominio maschile fosse una cosa naturale: si capisce bene, a questo punto, come l’affrancarsi da questo giogo sia stata per loro un’avventura senza fine che dura ancora oggi.
Nel periodo greco/romano le donne non ebbero una gran libertà di movimento il loro mondo era limitato al gineceo, tuttavia alcune categorie potevano partecipare alla vita sociale e culturale. Attendevano all’educazione delle fanciulle nella musica e nella danza, partecipavano attivamente alla vita religiosa in qualità di sacerdotesse nei templi sia greci che romani, le troviamo nel mondo del teatro in qualità di attrici e coreute.
Dobbiamo alle donne del periodo arcaico la nascita della poesia intimistica: superando la concezione omerica, esse posero le basi della lirica dell’animo, dell’io, e fecero vibrare corde mai più sentite: Anite, Cosside, Saffo, Telesippe, Corinna, Prassilla.
Non posiamo non citare il posto che le donne si guadagnarono ai tempi di Pitagora nella vita sociale e pubblica con storie esemplari, questo periodo fu certo una meteora ma che lasciò tracce indelebili, una delle donne più rappresentative di quest’epoca, ricordata da molti autori antichi ed appartenuta alla stessa famiglia di Pitagora, fu la filosofa e sacerdotessa Teano.
Nel periodo alessandrino spicca Ipazia, matematica, astronoma, filosofa, assassinata da una folla inferocita di cristiani che dimentichi delle loro recenti persecuzioni si eressero da perseguitati a feroci carcerieri in men che non si dica.
Bisogna riconoscere che agli albori della cristianità, come apprendiamo dalle antiche scritture, si videro donne rivestire ruoli importanti e di potere. L’apostolo Paolo nelle sue numerosissime lettere alle Chiese ce ne dà ampia testimonianza. Così nelle lettere ai Romani, nel citare i membri delle congregazioni, oltre agli uomini, cita molte donne: Febe, Prisca, Maria, Tifede e Perside “Ministri che lavorano per il Signore”. E come se fosse cosa normale, cita Giunia fra gli apostoli insigni e dalla lettera ai Filippesi, enumera il nome di due donne Evodia e Sintiche che officiavano attivamente alle funzioni religiose. Ma dal I secolo dopo cristo, ad opera dei Padri della Chiesa inizierà la lenta e inesorabile demonizzazione della donna.
La Chiesa atterrita dalle impurità femminili nella stesura dei Codici le terrà lontane dai luoghi sacri in genere e dagli altari in particolare.
Tertulliano sentenziava che l’uomo soltanto era ad immagine di Dio e che la donna nei luoghi sacri doveva stare lontano dall’uomo e coprirsi il capo, e si sarebbe potuta salvare solo partorendo figli ed essere in tutto sottomessa. E molti secoli ancora sarebbero dovuti passare per il miglioramento dello status della donna nella Chiesa, se ancora nel 1917, il Codice di Diritto Canonico promulgava che “Le donne devono essere scelte per ultime nella somministrazione del battesimo”.
Agli inizi del Medio Evo seppure troviamo una donna angelicata dal Dolce stil Novo e dalle nuove concezioni poetiche e culturali scesa dal cielo in terra a miracol mostrare, essa rappresenta sempre, e non solo per la Chiesa ma anche per il mondo laico, una creatura attraverso la quale il peccato s’introduce fra gli uomini e crea il caos nel mondo. Ma anche allora troviamo donne che contribuirono al lungo cammino per la loro emancipazione: Eleonora d’Aquitania ispiratrice dei trovatori; Eloisa nella realtà e Isotta nella finzione furono modelli di ribellione positiva per l’affermazione del loro genere; Juette, tanto forte e determinata da preferire il convento agli obblighi coniugali imposti. Giovanna d’Arco, la “Pulzella d’Orleans” guidò vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi, arsa sul rogo, poi santificata ed elevata a Patrona di Francia.
Con l’inizio dell’età moderna, così assurdamente in contrasto con i valori positivi che pure l’Umanesimo e il Rinascimento proclamavano in quel periodo in larga scala, prenderà il via quella vergognosa era della caccia alle streghe. Accusate per tre secoli di aver fatto morire fanciulli e bestiame, di aver calpestato il crocefisso e l’immagine della Madonna, di aver rubato ostie consacrate e “ fatti molti stratii et fin pissatogli sopra” e commesso “ogni sorta di lussuria con quei loro Demoni incubi”.
Le sentenze sia dei giudici laici che del braccio secolare della Chiesa quasi sempre erano di morte mediante rogo dopo le puntuali confessioni delle malcapitate a seguito di atroci tormenti di tortura. In un processo fatto in Brianza ad una certa Metegonta nel 1649 per stregoneria, così la poveretta pregava il giudice: “ … di grazia cessatemi i tormenti, dirò tutto quello che chiederete”. Secondo un attendibile calcolo si conta che, tra il secolo decimoquinto e il decimosettimo solo in Europa vennero bruciate mezzo milione di streghe.
Fu un periodo lungo ed angoscioso quello della caccia alle streghe, eppure anche qui troviamo donne che brillarono di luce propria. Artemisia Gentileschi pittrice (1593/1653) di scuola caravaggesca, stuprata e violentata giovanissima dal suo maestro di pittura, riuscì con la sua forza d’animo ad affrancarsi dal gretto mondo che la circondava e andare avanti diventando la prima donna ad essere ammessa all’Accademia delle arti del disegno in Firenze, oggi le sue opere arricchiscono i più prestigiosi musei italiani e non solo.
Elena Lucrezia Cornaro prima donna nella storia d’Europa e del mondo a laurearsi nel 1679 a Padova; Cassandra Tarabotti, suora che gridò al mondo , attraverso le sue opere, la sua infelice prigionia nelle vesti ipocrite fatte vestire a forza. E come dimenticarsi della fine e malinconica poetessa Gaspara Stampa, la maggiore poetessa del suo tempo ed a parere di molti la maggiore poetessa italiana in assoluto.
Non mancarono nel secolo dei lumi patriote, eroine, amanti, pensatrici e persino soldatesse che contribuirono enormemente al riscatto del loro genere. Gabriella Falletti, l’odiosa e amata signora di Vittorio Alfieri; Rosalba Carriera, miniaturista veneziana di eccezionale talento; Maria Anna Kauffmann, musicista e pittrice l’unica donna fra i fondatori della Royal Accademy of arte. Berthe Marie Morisot, impressionista francese che tanto dovette lottare per affermarsi come artista in un mondo che trovava disdicevole per una donna la professione di artista in genere e di pittrice in particolare.
Nel Novecento Tamara de Lempicka anche lei pittrice, fu esempio e divenne simbolo della donna indipendente che si affermava dissacrando con la sua arte proprio quei simboli che caratterizzavano il mondo maschilista. Frida Kahlo simbolo dell’indipendenza e della libertà femminile che non mancò di spendersi per il raggiungimento dei diritti civili del suo popolo, il Messico. Barbara Kruger, fotografa di temi politici e sociali, mise in auge i luoghi comuni di una società moderna che comunque in tutti i modi continuava a sbarrare la strada alla parità di genere.
Tra le donne italiane più importanti del 900 ci vengono in mente: Nilde Iotti, la prima donna a ricoprire il ruolo di una delle massime cariche dello stato, ovvero la presidenza della Camera. La grande Sibilla Aleramo, scrittrice, poetessa e strenua difenditrice dei diritti delle donne. Grazia Deledda, la prima donna italiana ad aver vinto un Premio Nobel per la letteratura. Rita levi Montalcini, Nobel per la medicina. Samantha Cristoforetti prima donna astronauta a compiere missioni spaziali. Margherita Hack, “La Signora delle Stelle” astrofisica e divulgatrice. Nel campo dei fumetti le sorelle Angela e Giuliana Giussani, inventrici di Diabolik di cui in questi giorni è in uscita nelle sale la riduzione cinematografica.
Seppure oggi a distanza di millenni tanto cammino è stato fatto per l’emancipazione della donna, assistiamo ancora giornalmente, nel nostro così detto mondo civilizzato, ad episodi di violenze perpetrati contro le donne. Tutto ciò nell’indifferenza di molti e spesso all’ombra di quei velati e sottesi ammiccamenti di chi crede che in fondo la donna se le va a cercare. Nel terzo millennio, in una società ancora teatro di queste tragedie che stentiamo ad evitare, dovremmo interrogarci seriamente sul senso reale del concetto etico di umanità e dei valori che ad esso tronfiamente attribuiamo e dei quali dovremmo andare fieri e che invece abbiamo così tanto compromesso.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XVIII 2021 - n. 12 Dicembre)

Artemisia Gentileschi, Autoritratto come allegoria della Pittura, (1638-1639), Royal Collection, Windsor

Elena Lucrezia Cornaro Piscopia in un dipinto del secolo XVIII conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano