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Ninne Nanne e Canti d'Osteria

 

L'obbiettivo immediato di una ninna-nanna è ovviamente quello di far addormentare il bambino. Ogni testo può dunque essere utilizzato, qualsiasi melodia, purché il ritmo si adatti allo scopo. Ma è frequente che - consapevolmente o no – l'io loquens (l'autrice) della ninna nanna si serva di questo momento di libero sfogo per esprimere sentimenti e convinzioni che l'antifemminismo congenito di ogni società patriarcale le impedisce di manifestare in altra occasione.
Cullando il bambino (Zucculiandolo), la madre parla, il più delle volte, della sua condizione di donna oggetto; certamente oggetto di desiderio ma esposta all'inevitabile destino di sedotta e abbandonata, con il matrimonio come unica possibile sistemazione da guadagnare attraverso il silenzio, la rassegnazione alla miseria, la sottomissione, la bravura nelle occupazioni “femminili”, quindi la condanna ai lavori domestici e alla totale dedizione della cura del bambino.
La maggior parte delle volte l'accento delle ninne nanne è posto sulla miseria, sulla fame vera e propria ed in genere sul necessario che manca. Addirittura alcuni canti si riferiscono alla nascita ed alla prima infanzia, avvertite come una premessa di una vita tutt'altro che serena, così in certi canti con puntigliosa simbologia leggiamo: “… quando son nata io nacque la rosa, nacque la campanella e la cerasa. Quando son nata io mi morì la mamma, son rimasta senza la mamma e la mammella.” Né mancano riferimenti alle malattie o alla morte, a volte sottintesa con pudore, ma altre nominata con brutalità a mo' di esorcismo.
Quasi sempre in queste ninne nanne s'intravede una funzione per così dire di “istruzione”, di accostamento del bambino ai costumi, ai valori, alla realtà della vita; dove le sensazioni dominanti appaiono la precarietà, la solitudine e l'ineluttabilità del destino, così l'unica via di fuga consentita è nel mondo della fantasia.
L'osteria ha assolto per secoli, e forse ancora oggi, una funzione fondamentale per la cultura del popolo, ove la gente ritrovandosi affermava quella formazione del senso comune delle cose che le regole sociali ignoravano o ipocritamente condannavano. Così essa rappresenta il luogo dove la gente del popolo attraverso questi canti può veramente parlare, la zona franca di reale confronto delle opinioni, ove non esistono costrizioni o censure colte né repressioni delle istituzioni.
Troviamo canti di protesta politica o quelli di malavita, frequenti sono anche quelli incentrati su temi anticlericali, non mancano i canti sul vino e le grandi mangiate che, ovviamente, finiscono per spaziare e caratterizzarsi in situazioni boccaccesche, fra doppi sensi e sguaiataggini.
In quasi tutte le canzoni qui riportate non si mantiene il vernacolo, ciò per evitare faticosi confronti in lingua che appesantirebbero sia la musicalità che i risvolti sociali che si colgono nelle canzoni stesse.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 2 Febbraio)

 

Ninna nanna al mio sciascione

Ninna nanna al mio sciascione
e di pane 'n ce n'è un boccone,
né del crudo e né del cotto,
né del macinato 'troppo.

Il mugnaio non è venuto
lo potesse mangiare il lupo,
e il lupo e la lupaia,.
gli venisse l'anguinaia (peste).

L'anguinaia è na mala cosa
e più giù ci sta na sposa,
e più giù ce ne sta n'altra,
una fila e una annaspa.

Una fa il cappellino di paglia
per portarlo alla battaglia,
la battagli e ' l battaglino,
dettero fuoco a Barberino.

Barberino corri corri,
dette fuoco alle tre torri,
una torre si spezzò,
e sciascione mio s'addormentò.

*****

Zucculea, zucculea

Ninna aah! ninna ooh!
che ci faccio a questo mondo?
Faccio tutto a più non posso
con il mio bimbino addosso.

Ninna ooh! s'hanna fare le frittelle,
ninna aah! s'hanna fa' pure belle.

Ninna aah!!! alle frittelle,
se ci manca la padella,

ci manca l'olio e la farina,
e si chiede alla vicina.

Ninna ooh! a questo sonno che nu' vò,
ninna nanna che tu crepi!
Che ti portin via i preti!
Che ti portino 'n camposanto!
Fai la nanna, angiolo santo.

*****

La scontentata

Ninna nanna ninnarella,
ahh! quantu 'su scuntenta
papa gode e mamma stenta.
Papa joca all'osteria
mamma tribola via, via.
Papa mangia l'erbe cotte
mamma tribola giorno e notte.
Papa mangia e beve vino
mamma tribola collo stuppino.
Papa mangia ri fagioli
mamma tribola co' ri, figlioli.
Papa mangia ru baccalà
mamma gira di qua e di là.
Papa mangia le polpette
mamma fa cruci e crucette.
Fai la nanna 'sta ninnarella
che papa gode e i su scuntenta.

*****

Co sta pioggia e co sto vento

“Co sta pioggia e co sto vento
chi è che bussa al mio convento?”

“C'è 'na povera vecchietta
che si vole cunfessare”

“Mannatala via, mannatala via,
ch'è la disperazione dell'anima mia.”

“Co sta pioggia e co' sto vento
chi è che bussa al mio convento?”

C'è na bella pupatella
che se vole cunfessare.”

“Mannatala ca , mannatala ca,
che la voglio cunfessà.

Incomincia la cunfessione!
Tieni in mano 'sto cordone.

“Figlia mia fate l'amore?”
“Padre sì, ma con onore.”

“V'ha toccato mai il petto?”
“Padre sì, ma con rispetto.”

“V'ha toccato mai la panza?”
“Padre sì, ma con creanza.”

“V'ha toccato mai la fregna?”
“Padre sì, ma n'era degna!”

“È finita la cunfessione,
piglia e bacia 'sto cordone.”

“Nun so cieca e nun so' orba:
questo è tosto e nun è corda.”

*****

Che ci faccio se io so bella

Che ce facciu s'i su bella?
maritim' è pastore e 'ze ne vene,
se ne vene na 'ote a settimana,
ce piace a mogne pecure e muntuni.

Vieni maritu miu vieni a ru liettu
che t'aggiu messe le lenzole linde.

“Vattenne mugliera mia, nu' pozzu menì,
ca me sta 'na pecura a murì.”

Vattenne, maritu miu, vattenne puri,
ca ri cumpagni tuoi su pecure e muntuni.

Vattenne, maritu miu, vattenne priestu,
che don Cicillo aspetta a la porta liestu.

Vattenne, maritu miu, v'appasculare,
ca te sì 'ngaggiatu nu fiju capurale.

“Ma che me ne 'mporta a me si su curnutu,
basta che mangiu vevu e vacu vestutu.”