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Indice Carlo Antuono
 
 

Intervista a una strega

 
 

Di quella orrenda colpa dei nostri avi e della Chiesa in particolare che va sotto il nome di “Caccia alle Streghe”, del trasporto di queste ultime ai diabolici raduni sotto alberi di noci o presso il Giordano, frutto di sogni e chimere che quelle misere donne, dopo strazianti torture, erano portate a confessare, ne abbiamo già trattato in un ampio articolo de il Sidicino di qualche anno fa. È bene solo ricordare che questa “caccia” che si concretizzerà in una carneficina di oltre trecentomila streghe messe al rogo, dal sec. decimo quinto al decimo settimo con un accanimento che trova il suo apice nel '600, dove pare che ogni donna, in quel tempo, porti la colpa di tutte le disgrazie del genere umano.
Qui vogliamo, invece, proporre un brano (per così dire) forbito sull'argomento, ove un giudice mette a disposizione di due intellettuali una strega, già rea confessa, per farla intervistare e trarre, così, da questa singolare intervista, con arguti sillogismi, l'esistenza o meno di questo mondo di demoni e streghe.
Lo stralcio del brano che qui riportiamo è del 1523 ed è tratto nientemeno che da un'opera in latino di Giovan Francesco Pico nipote del più famoso umanista Pico Della Mirandola, tradotta poi in volgare da Turino Turini.

*****

Stryx, seu de ludificatione daemonum
Apistio: “Fronimo dove corrono tante persone per la piazza delle erbe?”
Fronimo: “Accostiamoci un poco ed intenderemo la ragione di tanto concorso. Penso che sia stata presa una strega. Il popolo corre a vederla”
Apistio: “Oh, abbiamo streghe in questi luoghi?”
Fronimo: “Se non ne hai mai visto, ora potrai vederne”
Apistio: “Non ho mai creduto alle streghe”
Fronimo: “Per qual ragione?”
Apistio: “Mi sembra cosa da ridere che, fatto un circolo e untosi il corpo con un unguento, dette mormorando non so che parole, le streghe si mescolino coi demoni; che quelle ribalde cavalchino di notte sopra il legno, col quale si concia il lino e la canapa, sopra capre, sopra becchi, sopra montoni; che altre siano portate per l'aria più veloci del vento. E che si trovino nelle congreghe di Diana e delle Erodiadi a scherzare, mangiare, bere e pigliare disonesti piaceri”
Fronimo: “Credo che se manderò a terra i tuoi argomenti, tu cederai”
Apistio: “Certo sì”
Il giudice: “Siete arrivati in tempo. La strega sarà or ora interrogata”
Apistio: “Eccola: la portano legata”
La strega: “Così mantenete le promesse? Perché date tormenti a chi ha confessato?”
Apistio: “Buona donna, qui non s'è portato nulla per torturarti. Fronimo e io siamo venuti solamente per vedere e udire, per aiutarti dove potremo”
Il giudice: “Raccontaci quelle cose che tu mi confessasti ier l'altro, e iersera quando il notaio scriveva”
La strega: “Se voi mi ridurrete a mente col domandarmi quelle cose che volete, io vi risponderò ordinatamente”
Il giudice: “Domandate voi, Apistio Fronimo, che io vi do licenza. Oggi, questo spettacolo è fatto per voi. Io starò a udire, e dove la strega mancherà io la rimetterò in sulla via”
Apistio: “sei tu mai andata al giuoco di Diana?”
La strega: “Certo, sì, che vi sono andata a questo gioco, il quale se sia di Diana questo non lo so”
Fronimo: “Credo che il gioco delle streghe sia in parte quello antico, celebrato dai poeti, in parte ripieno di nuove superstizioni, come se tu dicessi antico d'essenza e nuovo d'accidenti (per parlare secondo i moderni)”
Apistio: “Come chiami, donna, questo gioco?”
La strega: “Le nostre pari e quelle della compagnia lo chiamano il gioco della signora”
Apistio: “In che modo vi andavi ?”
La strega: “Ero portata non andavo”
Apistio: “E sopra che?”
La strega: “Sopra un maglio da lino”
Apistio: “Come può essere che quello andasse non portandolo nessuno?”
La strega: “Lo portava l'innamorato”
Apistio: “Quale innamorato?”
La strega: “Lodovico”
Apistio: “Forse un uomo che ha nome così?”
La strega: “Non un uomo, ma un demonio maligno, che mi appariva in forma di uomo, e io lo reputavo Dio”
Apistio: “Pareva Lodovico un uomo?”
La strega: “Uomo, eccetto nei piedi, che sembravano d'oca. Sempre li portava rivolti indietro, tanto che le orme rimanevano al contrario”
Il giudice: “Tu leggerai questo in tutti i libri. Il diavolo si mostra in forma d'uomo, eccetto i piedi, forse perché non può interamente pigliare forma umana”
Fronimo: “Dimmi un poco, tu. Il diavolo non si mostrava mai con altri piedi che d'oca, quando veniva da te?”
La strega: “Mai con altri”
Apistio: “Come vi veniva?”
La strega: “Chiamandolo io e spesso di per sé”
Apistio: “Sempre in forma umana?”
La strega: “Sempre, quando veniva per dormire con me”
Apistio: “Oh, dormire con una vecchia tutta grinze!”
La strega: “Oh, con ognuna, belle e brutte. Ohimè!”
Apistio: “ Di che hai paura?”
La strega: “ Vedete, vedete.”
Il giudice: “In che forma?”
La strega: “Di passero”
Apistio. “Mi meraviglio che nessun altro, eccetto costei, vede questo passero”
Il giudice: “Certo che nessuno lo vede. Ma perché quest'immagine del demonio sia vista solamente dalla strega, io ne darò la ragione all'amicizia che ha con esso. Tre giorni fa ci raccontò d'averlo visto avvolto in giro come un serpente”
Apistio: “Hai tu tanta paura del tuo amante?”
La strega: “Una volta non avevo paura di lui, ma da quando sono in prigione e, contro la sua volontà, ho rivelato i nostri amori, mi spaventa fuor di modo, stando talora all'usciolo della prigione. Da quella finestra mi dice villanie e promette di aiutarmi, se mi ostinerò a non confessare”
Apistio: “Quando andavi al gioco, non ti faceva mai paura?”
La strega: “Niente certo”
Apistio: “Andavi tu ogni giorno oppure in certi tempi?”
La strega: “La seconda notte dopo il sabato”
Apistio: “Andavi tu mai di giorno al gioco?”
La strega: “Mai”
Il giudice: “Colui che fa male ha in odio la luce”
Apistio: “Ti preparavi per andare o aspettavi che il diavolo venisse da te?”
La strega: “Facevo un circolo e, untami, montavo a cavallo sopra uno sgabello. Poi, ero levata in alto e portata per aria al gioco. Qualche volta calpestavo l'ostia consacrata nel circolo. Subito giungeva Lodovico, del quale mi servivo a mio piacimento”
Apistio: “Che unguento era quello?”
La strega: “Fatto per la maggior parte di sangue di bambini”
Apistio: “Che ti ungevi tu?”
La strega: “Mi vergogno a dirlo”
Apistio: “Si vergogna a dire quello che non si vergogna a fare”
La strega: “Parvi meraviglia?”
Apistio: “Manda fuori il veleno. Che ungevi tu?”
La strega: “Le parti che io uso per sedere”
Apistio: “L'hai detto onestamente. Ma io vorrei sapere quando tempo mettevi dal partire di casa all'arrivare al gioco”
La strega. “Poco, nemmeno mezz'ora”
Apistio: “Vorrei particolarmente sapere ciò che si faceva nel gioco”
La strega: “Quando noi giungevamo al fiume Giordano, vediamo subito la signora a sedere col suo amante”
Apistio: “Chi è quello?”
La strega: “Non lo so , ma è bello e indossa vesti d'oro”
Apistio: “Seguita”
La strega: “Qui mangiamo, beviamo, pigliamo amorosi piaceri. Che volete di più? Ammazziamo dei buoi, ma poi risuscitano. Caviamo il vino dalle botti di quelli che abbiamo in odio per berlo. Infine, ogni donna chiama il suo demonio, gli esprime sottomissione, per cavarsi la lussuria, e ognuno di quegli uomini, ovvero demoni, si caccia sotto la sua amica”
Apistio: “Come esprimete la sottomissione?”
La strega: “Col bacio nell'ignudo sedere”
Apistio: “Noi sappiamo che i demoni non hanno né ossa né carne. Come mangiano e come usano con le donne?”
La strega. “Sono simili alla carne e all'ossa quelle parti ripiene da loro, e son più grosse che quelle degli uomini, e più morbidi i membri. Come s'era sfogata bene e in ogni dove la lussuria, noi eravamo riportate a casa”
Il giudice: “Qui giunte, tolgono la roba altrui, macchiano e infettano ogni cosa, si tuffano negli adulteri e negli stupri, ammazzano i bambini e se ne bevono il sangue, provocano tempeste crudelissime, guastano i campi con grandine”
Apistio: “Dunque non solo portano danno ai beni che partorisce la terra, ma anche a quelli che vengono dal cielo e dall'aria che abbiamo intorno. Hai mai fatto venire i tuoni?”
La strega: “Spesso”
Apistio: “Hai nuociuto alle biade con la grandine?”
La strega: “Più volte”
Apistio: “Con che cerimonie?”
La strega: “Facevamo il circolo, e subito veniva Lodovico con il fuoco. In un istante cadevano tuoni, saette e grandine sopra i campi che volevo devastare. Lo facevo per odio e non per benevolenza”
Fronimo: “I demoni si dànno tanto da fare, perché sono nemici della verità; ma, quanto più si sforzano di disperderla e offuscarla, tanto più essa si rinforza e risplende in tutti i modi”
Apistio: “Tu hai ridotto benissimo ogni cosa; ma, dimmi strega, hai uccisi dei bambini?”
La strega: “Assai”
Apistio: “Col coltello o col bastone?”
La strega: “Con l'ago e con le labbra”
Apistio: “In che modo?”
La strega: “Noi entravamo di notte in casa dei nostri nemici, e talvolta degli amici, perché ci si aprivano tutte le porte, e dormendo i padri e le madri, noi toglievamo i bambini, portandoli al fuoco. Qui, gli foravamo le unghie con l'ago e, ponendovi le labbra a succhiare, ci empivamo la bocca di sangue. Parte se ne inghiottiva e parte se ne vuotava in un barattolo per fare l'unguento da ungersi le natiche prima d'andare al gioco”
Apistio: “Che vi promettono questi vostri amanti, che speranze vi dànno?”
La strega: “Abbondanza di ricchezze e di piaceri, nei quali continuamente ci troviamo”
Apistio: “Quando il demonio ti prometteva tante cose, che ti domandava in cambio?”
La strega: “Niente altro, se non che io non credessi alla fede cristiana, ne vi avessi speranza nessuna e onorassi lui”
Il giudice: “Chi negasse l'esistenza dei demoni, negherebbe pure la sacra scrittura”
Fronimo: “Chi lo negasse dovrebbe anche essere cacciato dall'accademia, perché Platone e i platonici menzionano i demoni. La cosa non fu rifiutata da Aristotile”
Il giudice: “Nel Deuteronomio si comanda che i maliardi e gli incantatori siano ammazzati, nel Levitico gli indovini. La legge comanda che, quelli che vanno usando lo spirito profetico di Febo, siano lapidati. E molte altre cose raccoglie Graziano”
Fronimo: “Se noi consideriamo che nelle antiche superstizioni dei demoni si trova il circolo, l'unguento, l'incantamento, l'andare per aria i corpi umani, le vivande apparecchiate gli amorosi congiungimenti sotto specie di uomini e di donne, perché non dovremmo credere ai racconti della strega? Se si trovano, nelle sue confessioni, alcune cose che anticamente non erano fatte ciò è dovuto alle mutabili e varie astuzie del demonio che invidioso degli uomini, con varie lusinghe, li portò sempre verso un identico precipizio”
Il giudice: “Dei corpi umani portati per aria, cosa che turba Apistio, parlano tanto le testimonianze dei dottori quanto quelle di Enrico Insistoris e Giacomo Sprenger nel loro Malleus Maleficiarum, che potrai averlo se vorrai usarlo contro quelli che dicono il contrario”
Apistio. Io ho udito una cosa meravigliosa, che non può essere offuscata nelle tenebre della notte, né può essere considerata sogno, né per paura estorta durante i processi e le inquisizioni”
Fronimo: “Tu hai compreso che, sia nell'antichità che ai giorni nostri, questo gioco non è una favola vana, ma in essenza antichissimo e nuovo nella maggior parte delle cose, esso è mutato secondo che è piaciuto al diavolo. Muterà, forse, ancora, tanto grande è la sottigliezza dell'ingannare nell'antico persecutore degli uomini”.

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A questo punto è meglio tacere. Calarci nell'assurdità del contesto per dover dare spiegazioni naturali di cose sovrannaturali ci porterebbe lontano.
E pensiamo che nessuna fede, religione, metafisica, teologia o filosofia e nemmeno la stessa fisica della relatività di Einstein, che rivela che al di fuori del mondo tridimensionale percepito dai nostri sensi, v'è una quarta dimensione, potrebbe giustificare le immani torture di quelle povere donne, arse vive.
E che forse a Domenica Calindo, strega, che a domanda dell'inquisitore:”Come credi che sia il diavolo?” risponde: “Un desiderio che va per l'aria, che cerca tentar la gente”, dovremmo suggerire un più intimo pensiero: che il desiderio del peccato non è un desiderio che va per l'aria a tentar la gente ma risiede, con tutta probabilità, nel cuore stesso della gente.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 11 Novembre)