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Le donne ai tempi di "Roma"

 

L‘episodio di prepotenza di un console Romano di passaggio per Teano, tramandatoci da Aulo Gellio è ben noto: “Arriva un console a Teano; viene in capo alla consolessa di prendere un bagno nel reparto maschile delle terme anziché in quello delle donne, così il notabile del tempo dà subito ordine che si mettano fuori i bagnanti per lasciar la terma a disposizione della dama. Ma o che quello sfratto improvviso non fosse stato molto sollecito o che la consolessa non trovasse l'arredamento del locale adeguato alle sue esigenze e al suo malumore, fatto sta che , in men che non si dica, il notabile è messo al palo e punito a morte a suon di verghe”.
Probabilmente la storiella è ampliata, vero è, che, a scanso di guai, nella vicina Cales il consiglio dei decurioni decretò che quando un magistrato romano si trovasse per disgrazia a passare da quelle parti si proibisse a chiunque di prendere i bagni nella pubblica terma.
L'episodio riportato da Aulo Gellio (II s.d.c.) è certamente di età romana più arcaica, probabilmente della prima repubblica, perche già nell'ultimo periodo della Repubblica in Roma e poi per tutto l'impero, le donne e gli uomini frequentavano mescolati le stesse terme, con la sola accortezza degli spogliatoi separati.
Le terme erano dunque dei centri di benessere attraverso l'uso dell'acqua dove si aveva l'occasione per uomini e donne di esibire corpi succintamente vestiti in un gioco di seduzione, esibizionismo e “rimorchio”, un po' l'equivalente delle nostre piscine. In questi luoghi vi erano delle piccole arene dove gli uomini si dedicavano agli esercizi ed alla lotta con i loro muscolosi corpi lucidi perché plasmati dalle essenze di oli e che attiravano non pochi sguardi interessati delle romane.
Il modello di uomo desiderabile alle donne di quel tempo non è cambiato molto dal modello di uomo che piace oggi alle nostre donne: un po' abbronzato e atletico, con glutei prominenti, cosce tornite (e depilate, usavano anche depilare le braccia ammorbidendo i peli con gusci di noci arroventate prima di rasarli), spalle larghe, schiena lunga e petto ampio.
Ma come erano vestite le donne che passeggiavano sui bordi della grande piscina dove molti si immergevano alla fine del tepidarium – calidarium - frigidarium? I loro abiti erano una vera provocazione: di seta trasparentissima che non riuscivano a celare tutti i dettagli del corpo. “S'intravedono i glutei formosi, persino le fossette sopra di essi, e poi la linea delle scapole e la forma dei seni che spingono contro il tessuto creando un calco perfetto del capezzolo, del quale s'indovina ogni dettaglio ed il colore … “. I loro sinuosi corpi apparivano accuratamente depilati anche nelle parti intime, come si può vedere, oltre che dalle cronache, dai molteplici affreschi erotici pervenutici.
Ma come era il corpo femminile che piaceva a quei tempi? Ovviamente allora come adesso ogni donna e ogni uomo aveva le sue preferenze, ma il modello del tempo, quello che piace di più, è quello di una donna con i fianchi ampi, sedere abbondante e seni piccoli che garantisce salute e fertilità e soprattutto perché è una struttura adatta per fare (tanti) figli, vista la mentalità del tempo. E' questo un modello di donna ideale, se guardiamo i quadri dei musei, che ci accompagnerà fino all'Ottocento.
Nel periodo arcaico dell'età romana sarà il modello della donna mediterranea “caldo” esotico con capelli scuri e sguardo profondo a costituire un forte richiamo erotico per l'uomo romano, tanto che le prostitute usavano nomi prettamente orientali. Ma con il passare del tempo, le conquiste dei romani verso i territori nordici e l'arrivo di schiave con la carnagione chiara ed i lunghi capelli biondi, si fece sempre più strada, nell'immaginario erotico dei romani questo modello di bellezza. E fu proprio il poeta Catullo con la sua amatissima Lesbia, a cui chiedeva “ Dammi mille baci e poi cento, e poi altri mille … “ a celebrare la bellezza nordica.
Anche allora i baci, oltre a quelli formali di saluto, rappresentavano, in campo sentimentale, i preliminari dell'amore e ne possiamo distinguere essenzialmente tre: osculum, il bacio con le labbra chiuse, esso deriva da os cioè bocca; savium, è il bacio passionale, erotico, con l'uso della lingua, deriva da suavis (dolce, soave); ed infine basium da cui deriva la parola italiana bacio, che poi sostituirà la parola savium.
A tal proposito una curiosità per il gentile lettore: sui muri di Pompei al posto di basium troviamo scritto vasium che doveva essere il modo in cui i pompeiani lo pronunciavano, un'abitudine che si è protratta per duemila anni fino ad oggi, infatti, nel napoletano per chiedere un bacio all'amato o all'amata si dice: Ramme 'nu vas.
Vi erano altri luoghi ove le donne e gli uomini amavano andare per guardare ed essere guardati oltre alle terme, come per esempio il teatro o le arene. Ma vi era un evento annuale che ai romani piaceva tanto e che aspettavano sempre con trepidazione: la festa dei Floralia in onore di Flora, la dea della vegetazione. Essa celebra il risveglio della natura e per i romani soprattutto maschi è anche l'occasione per vedere i corpi nudi di tante donne dal 28 aprile al 3 maggio presso il Circo Massimo.
Lì le donne celebravano molteplici giochi: si mimavano eventi buffi di cacce con innocui animali, di lotte, di scene teatrali, ed in onore alla dea e per suo volere le donne si denudavano e si assisteva ad interminabili spogliarelli per ben cinque giorni di fila! Lo spettacolo cominciava di notte e per prima si esibivano quelle ragazze che secondo la moda del momento erano meno attraenti, con la dorata luce dell'aurora cominciavano a spogliarsi, in un turbinio di avance e ringraziamenti agli dei per tanta grazia, le donne più belle dispensando ai presenti, a piene mani, la loro carica erotica. In caso delle prostitute succedeva anche che, mentre danzavano con le loro grazie al vento, si indicasse il loro prezzo e le prestazioni in cui esse eccellevano.
I “belletti”, i trucchi, erano usati in grandi quantità dalle donne romane. In epoca romana un corpo è percepito essenzialmente per il suo odore, passare un unguento o un olio balsamico sul corpo è un preliminare che molti amano e per due amanti fa parte già dell'atto sessuale. Le giovani romane passano molto tempo a sfregarsi e lisciarsi la pelle, “incipriarsi” e curarsi i capelli anche con intelaiature per sorreggere le complesse acconciature (soprattutto le matrone quando partecipavano ad eventi pubblici).
Il gentil sesso, come già accennato ci teneva a depilare totalmente le parti intime, pare che ciò avesse lo scopo di caricare di desiderio l'uomo romano che apprezzava il fatto che il “monte di venere” fosse ben visibile e non coperto da peli (Apuleio ce ne dà ampia testimonianza).
Scopriamo, anche, che le essenze e gli aromi sono un'arma di seduzione altrettanto potente quanto le parti sexy del corpo. Così la mirra e la cannella proveniente dall'Arabia e dall'India fanno parte dell'arsenale seduttivo delle donne. Dove mettono questi profumi? Naturalmente sulla pelle, nei capelli ma anche in bocca, pare che l'alito profumato alla cannella fosse molto ricercato da certi uomini romani.
L'uso del rossetto era già assai diffuso in epoca romana, era prediletto il colore rosso (pare perché accentuasse ciò che l'uomo associa al sesso femminile). Negli scrigni da toilette femminili si poteva già trovare l'equivalente dell'attuale ombretto (realizzato con minerali, semi di datteri bruciati o formiche carbonizzate; creme a base di miele o di biacca per dare luminosità al viso, unguenti per le pelli, polveri rossastre per le gote, parrucche colorate etc.
Il sesso praticato a quei tempi era in generale assai libero e senza tabù. Anche se va considerato che la società romana era totalmente maschilista e la donna era eticamente considerata come oggetto del piacere maschile, ossia essa era tenuta a dare piacere più che a riceverne, per esempio uno dei pochi tabù della società romana era il cunnilingus mentre la fellatio era un dovere (queste le regole, ma pensiamo che i fatti se ne allontanassero alquanto).
La concezione di onnipotenza che l'uomo romano aveva di sé, quale dominus del mondo, si rifletteva anche nella sfera sessuale. Una cosa era certa! l'uomo romano era bisessuale per status sociale, il possesso attivo sia delle donne che degli uomini, quest'ultimi di classi inferiori, era un aspetto sociale dal quale non si prescindeva. Ma assistiamo, anche e con sorpresa, che nell'atto amoroso, come ci attestano le molteplici posizioni erotiche dipinte sui vasi o negli affreschi, contrariamente alla donna greca che la troviamo sempre in posizione passiva, succube, la donna romana spesso partecipa all'atto sessuale e a volte, evidentemente lo domina.
Il matrimonio, nelle sue diverse forme, non era altro che un contratto per la procreazione e non per il piacere anzi era opportuno che nel talamo nuziale non albergasse la gioia del sesso. Così come ci conferma un romano di allora: Lucio Elio Vero ai tempi dell'imperatore Adriano. Il quale rispondendo alle accuse della moglie per le sue avventure extraconiugali, disse “ Patere me per alias exercere cupiditates meas: uxor enim dignitatis nomen est, non voluptatis” (lasciami sfogare con altre le mie voglie, perché 'moglie' è sinonimo di dignità, non di piacere).
Vi erano naturalmente i matrimoni d'amore ma erano molto rari, le ragazze, promesse dalle famiglie per interessi, spesso promesse a loro insaputa, andavano in sposa a 14/15 anni con uomini più anziani di loro; a volte le famiglie le promettevano già a 5/6 anni e spesso andavano già a vivere nella casa del (futuro?) coniuge.
Dunque dove venivano ricercati i piaceri sessuali e le pazzie d'amore? Nei rapporti extraconiugali. E lì che si dava sfogo a tutto quanto l'amore, i sentimenti e il piacere sessuale potesse contenere. Per l'uomo avere una concubina era una prassi quasi normale essa poteva essere una liberta, una prostituta, una cortigiana di alto bordo o una schiava (queste ultime abbondavano in ogni casa e la scelta, visto i quattro angoli del mondo cui si era spinta la conquista romana, per gusti e qualità era veramente imbarazzante).
Per le donne era meno facile, ma non certo meno frequente e comunque la cosa veniva ben tollerata. Il teatro, le terme, le arene, il Circo Massimo erano tutti luoghi per poter “rimorchiare”. Poi per le donne altolocate che avevano anche una certa autonomia economica non era difficile soddisfare i loro desideri sessuali più reconditi comprandosi una notte d'amore con qualche gladiatore, auriga, lottatore. Pare che a Faustina minore moglie del grande imperatore filosofo Marco Aurelio, piacessero molto i gladiatori, così quando il marito era lontano, usasse trasferirsi a Gaeta ove, notte tempo, aveva incontri amorosi ed amplessi divini con i gladiatori della locale scuola gladiatoria.
Senza contare che nell'età imperiale quando erano decadute le attenzioni per la pubblica pudicizia dell'età arcaica, la dignità pur difesa in pubblico aveva acquistato un altro modus vivendi nelle magioni dei ricchi ed in generale dove i dispendiosi banchetti, sotto l'effluvio dei vini e la grazia delle danzatrici orientali, spesso diventavano occasione di abbandono a sfrenate libagioni ed alle gioie del sesso quale nettare della vita da godere fino all'ultima goccia. Né dobbiamo, d'altro canto, cedere alle immagini di depravazione e di orge cui a volte una superficiale storiografia o le immagini di film o fiction televisive cercano di far passare.
Esiste una divinità romana, Kairos (in greco) Tempus in romano, il tempo che corre, (l'attimo fuggente) che rappresenta molto bene questa filosofia di vita nei riguardi del sesso. Il dio è rappresentato con le ali ed un prominente ciuffo di capelli, ma con la nuca calva, (come dire) se non cogli l'attimo, una volta passati i piaceri della vita, non l'afferri più. In un mondo ove la vita media degli uomini non supera i 40 anni e quella delle donne i 30, ove il mondo dell'aldilà non faceva affatto intravedere dozzine di vergini compiacenti in attesa, non ci si facevano molte illusioni.
L'amore era considerato un regalo degli dei, quindi bisognava goderne in tutte le sue forme liberamente, esso era il nettare di Venere che ha acceso i sogni, infiammato i cuori e inebriato i sensi fin dagli inizi dei tempi. Fin quando interverrà la Chiesa con il concetto di peccato ad oscurare ed insozzare il mondo del sesso, quando esulava dal mero atto procreativo.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno XV 2018 - n. 7 Luglio)

 
Bibliografia essenziale: Catherine Salles, “I bassifondi dell'antichità” Rizzoli, 1983. – Reay Tannahill, “Storia dei costumi sessuali” Mondadori, 1985. – Cantarella E. “La bisessualità nel mondo antico” Rizzoli MI, 2008. – Alberto Angela “Amore e sesso nell'antica Roma” Mondadori MI, 2012.