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Miserie contadine in età moderna

 

Non v'è dubbio che con la grave crisi sociale verificatasi agli inizi del '500 e durata fin dopo la metà del '600, nonostante l'inizio dell'era moderna, si siano con grande facilità accentuati e diffusi in tutta l'Europa credenze e racconti suggestivi e tenebrosi. Il complesso passaggio dall'economia feudale a quella mercantile, con lo spostamento delle arterie commerciali fuori dall'Italia, influì decisamente sulle forme tradizionali di vita in Italia. Nelle città le antiche associazioni dei mestieri persero lo splendore di un tempo. La fonte di reddito delle classi disagiate diminuisce sensibilmente, mentre il costo della vita aumenta. Nelle campagne, con la decadenza della nobiltà rurale che ricerca il sussidio del mestiere nelle armi, i contadini sono abbandonati a sé stessi: “Singolarmente miserabili, essi sono riparati a stento nelle loro capanne spesso di paglia, senz'aria, malvestiti di grossa tela, irsuti ..”. (Della norma, per i contadini, di avere un “Pagliaro” quale rifugio per la loro promiscua vita domestica ne troviamo ancora traccia in un simpatico “Additto” del nostro contado: “Si ru patrone sai servì 'mpagliaru ru fai murì, si ru patrone nun sai servì 'mpagliaru vai a murì”). Era frequente riscontrare, nei posti più sperduti, il ritorno alla selvatichezza con reminiscenze di paganesimo diffuso, gli infelici non trovavano conforto se non nei sogni ed anelavano, nei loro occulti rifugi, alle antiche deità. Ridotti alla disperazione dal progressivo disordine e dalla crescente oppressione che pesava su di loro, forzati a lavorare per la nobiltà e per il clero in una miseria oggidì inimmaginabile, ben sapevano di non esservi speranza alcuna di sollievo. Così finivano per confidare nelle potenze segrete, ed in cambio della venerazione a demoni e fattucchiere chiedevano cibi, vesti, musiche e quant'altro veniva loro negato dalla vita, cercando d'impadronirsene attraverso il sortilegio. Le streghe abbondavano, quasi a trovare nella qualifica un risarcimento alla magra vita, esse si adoperavano a confermare tale credenza a volte anche davanti ai giudici che le condannavano a morte. Cosparse di filtri ed unguenti dei quali si servivano abbondantemente, e che non erano altro che eccitanti ed ipnotici, davano parvenze reali ai sogni. Così le notti si animavano di ombre che si recavano al congresso diabolico, sito ora presso il noce di Benevento, ora sul monte Tonale, ora sul fiume Giordano. Qui, davanti al demonio, le streghe narravano ogni specie di nefandezze compiute, danzavano, fornicavano e banchettavano. La loro mente turbata le portava alla menzogna e all'esaltazione: il ricordo dell'esperienza sessuale tormentava le loro menti, che la ripercorrevano con insistenza e col sottile piacere di disobbedire ad un preciso divieto religioso. Conoscevano i segreti delle erbe sia benefiche che malefiche ed i beveraggi che ne traevano erano gli unici rimedi ad ogni tipo di malanno di cui i contadini si servivano. S'era diffusa a quei tempi una visione della vita da “autunno del medio evo” più che da età moderna e proprio all'indomani dell'apertura di nuovi orizzonti, con le grandi navigazioni e la colonizzazione del continente americano. Molto ci sfugge ancora che spieghi perché mentre Caravaggio dipingeva la “Vocazione di S. Matteo”, Gutenberg inventava la stampa a caratteri mobili e soprattutto Cartesio elaborava il metodo, si innalzavano roghi per le streghe.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 6 Giugno)