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Giovanna D'Angiò a Teano

 

Negli anni '50 il monastero di S. Caterina era ancora frequentato da educande che le monache benedettine, nella religiosa serenità del chiostro e con molta operosità, iniziavano all'anìrte del ricamo,
del cucito e di tutti quegli adempimenti che attendono
all'economia domestica, utili, si riteneva a quei tempi, per una seria preparazione al matrimonio. All'ora del vespro, le giovinette, libere di tornare a casa, un po' per gioco un po' col batticuore, facendo rivivere chi sa quale antichissima leggenda, andavano a sentire Ia Regina Giovanna: costeggiando il massiccio muro della “Cavallerizza” all'altezza della porta Sud della città antica, attraverso parte di un blocco di piperno mancante dal muro si apriva un oscuro vuoto, in cui si aguzzava lo sguardo o si tendeva l'orecchio per scorgere o sentire la Rejna Gioanna che si aggirava imprecando e spazientita per le stanze del palazzo baronale della Città. Il “Loggione”, pregevole edificio gotico, elevato quale palazzo baronale su di un preesistente complesso romano, fu restaurato intorno al 1373 dalla potentissima famiglia Marzano, signori di Teano e di molti feudi del Regno. Successivamente fu molto abbellito dai Carafa nei primi del '500 diventando il palazzo del Principe. Forse col tremendo terremoto degli ultimi decenni del XVII secolo il palazzo perse il suo fronte orientale originando l'odierno loggiato di oltre 500 mq, anche se nella veduta di Teano del Pacichelli, che è più o meno dello stesso periodo, il palazzo ci viene rappresentato integro.
Le occasioni per passare alla leggenda non mancarono alla Regina di Napoli Giovanna I d'Angiò (1327-82) nei suoi quasi 40 anni di regno: monarca illuminata, discussa e affascinante; avvenente e colta; malinconica e dissoluta; ebbe quattro infelici matrimoni e moltissimi amanti; perse prematuramente tre figli. Il globale contesto europeo ed italiano nel quale ella fu chiamata ad operare era fatto di eterne guerre, disagi finanziari, complotti e scontri dinastici, con lo sfondo di un lacerante scisma ove la Regina parteggiò, sfortunatamente, per il perdente papa Clemente VII.
Pericolose insidie e oscure congiure accompagneranno il suo pur abile percorso politico, ove si destreggiò tra faide familiari fino a quel drammatico e proditorio epilogo consumato in Basilicata: nel castello di Muro Lucano, ove era già carcerata da un anno, suo nipote Carlo III di Durazzo, designato da Lei stessa pretendente al trono, la notte del 12 Maggio 1382 manderà suoi sicari col preciso intento di farla morire strozzata. Aveva cinquantasei anni e le cronache del tempo dicono che era battagliera e ancora di bello aspetto.
ln tutto il Regno fino in Sicilia la Regina era molto amata dal popolo, meno da buona parte della nobiltà, non sappiamo per certo se fu mai a Teano, sappiamo che alcuni teanesi furono notabili alla sua corte, così come sappiamo che ebbe a che fare con Teano per motivi d'interessi politici e d'infeudamenti. Francesco del Balzo, duca d'Andria, ebbe da Giovanna I la nostra città col titolo di principe; in seguito, però, costui fu dichiarato ribelle dalla Regina, per essersi sottratto ad alcune decisioni regie in merito a dispute sorte tra i del Balzo e la casa Sanseverino. Sicché la città nel 1373 fu assediata, suo malgrado, dalle forze di Giovanna I: infatti la Regina prima di dar mano alla spedizione cercò più volte di ricomporre la disputa.
È interessante riportare sull'argomento qualche passo dai “Diurnali” del duca di Monteleone: "...Et Ia Regina sempre hebbe buona intenzione allui, che si puro una volta havesse mandato a dire alla Regina dicendo che havea fatto male, la Regina I'haveria perdonato. ...la quale regina mando ad chiamare lo Duca d'Andre per l'accordar con casa de sanseverino, et lo Duca non ce volse andare. Et la Regina nce mando un'altra volta una ambasciata de cavalieri, et ancora non ce volse andare, et la Regina lo fece chiamare ordinariamente et non venne ne esso ne altro da sua parte, et così li fo fatto lo processo bannuto condennato, e sposseduto de tutto suo bene, ...che ogni omo avesse Francesco de lo bauzo per ribello. ...Anno domini 1373 lo campo andò ad Tiano et foro ed appede, et d'accavallo 12 mila persone de Io quale campo et gente de arme fo Capitano messere gioanni Malatacca, ...Et intro Tiano era il Duca d'Andre et la mogliere et presto foro fatti tre trabuchi che trahevano notte et giorno dentro Tiano, et un di dedero un fiero assalto che tutti Ii Napolitani andarono fi dentro le porte, ...ali 23 del detto mese de decembro si rendio Tiano ala Regina Gioanna".
Dopo questi avvenimenti Teano passò alla potentissima famiglia Marzano, fedele agli Angioini, cui appartenne fino al 1461 quando, con Marino Marzano, questa famiglia cadrà definitivamente in disgrazia per i ben noti avvenimenti della così detta Congiura dei Baroni allorché era Re di Napoli Ferrante D'Aragona.
La movimentata vita della Regina attraverso i secoli non mancò di ispirare drammaturghi e scrittori, filosofi e poeti. Molti la condannarono, altri la vollero assolta: Benedetto Croce condannò il suo operato, Boccaccio e Petrarca, suoi contemporanei, ne lodarono le doti di donna e monarca; la sua tragica line, mescolando realtà e fantasia, alimentò leggende in tutti gli angoli del Regno e non v'era provincia o borgo lontano ove qualcuno non sentisse lamenti o scorgesse fantasmi della povera Giovanna che, da Papa Urbano Vl, non ebbe nemmeno la sepoltura in terra consacrata.
Ogni anno nella ricorrenza della sua morte, nello stupendo chiostro della chiesa di Santa Chiara in Napoli, dove fu esposta la sua salma, Ella avanzerebbe lentamente lungo i vialetti o rasente ai muri col capo chino, ogni tanto farebbe qualche sosta sollevando lo sguardo e pare che la sua espressione sia così terribile da determinare la morte di chi incroci i suoi occhi.
La più famosa resta, forse, la leggenda del “Castagno dei cento cavalli”. La storia è tuttora cantata dai menestrelli Siciliani, l'albero di castagno esiste davvero, è divenuto monumento nazionale dal 1965 e si trova nelle campagne delle pendici dell'Etna, è il più vecchio albero d'Europa, dagli ultimi studi, pare che conti dai 2000 ai 4000 anni con una circonferenza di 62 metri ed una altezza di 25 metri. La leggenda, senza volerla raccontare tutta, vuole che la Regina ...trovandosi in Sicilia per stipulare un trattato di pace, una mattina d'agosto, nonostante il tempo non facesse presagire nulla di buono, nessuno era riuscito a dissuaderla dal partecipare ad una battuta di caccia alle pendici dell'Etna, così tutti preferirono affrontare i fulmini che sfidare l'ira dell'affascinante regina. Quando il regale corteo si avviò a cavallo per gli impervi sentieri, il cielo già brontolava e diventava sempre più minaccioso, finché nel pomeriggio il temporale scese ad oscurare ogni cosa e la pioggia iniziò a sferzare violentemente uomini e cavalcature. Improvvisamente un fulmine illuminò un immenso castagno che protendeva nel cielo altissimi rami e celava nel tronco un'ampia cavità. Mentre i cavalli trovarono riparo sotto l'immensa chioma, la Regina ed i suoi nobili paladini si rifugiarono nel cavo dell'ospitale tronco (come si sa la Regina non godeva fama di santità, tanto che Santa Brigida di Svezia, ospite a Napoli per un pellegrinaggio, l'apostrofò quale prostituta per averle insidiato l'irrequieto figliuolo). Dunque, all'esterno la bufera infuriava, così Giovanna, la disinibita Regina, trovandosi tutta infreddolita e bagnata, pensò bene di chiedere ai suoi cavalieri di fare del loro meglio per scaldarla fino alle prime luci dell'alba.
Nel borgo antico di Colletorto, in alcuni periodi dell'anno, si udrebbe la Regina a volte inveire contro qualcuno a volte lamentarsi accoratamente, gli abitanti a mo' di esorcismo, ogni primavera organizzano una festa in costume d'epoca per acquietare e compiacere Giovanna Ia loro amata Regina, recitando poesie e canzoni dell'epoca.
Della leggendaria presenza di Giovanna I D'Angiò nel palazzo del “Loggione” di Teano se ne trova traccia anche nelle memorie di chi negli anni '50/60 frequentò la scuola sul Loggione. Cosa raccontasse la storia di questa leggenda sopravvissuta nella nostra città non lo sappiamo, speriamo che sia conservata in altra memoria e di scoprirne un giorno il filo per riconsegnarla all'immaginario collettivo.
Per conto nostro, se tendiamo l'orecchio ai piedi dell' imponente e grigio Palazzo ci sembra di cogliere la calma presenza della Regina non più in ansia, nel suo vestito di velluto migliore, che dall'altissimo loggiato spaziando lo sguardo dal Vesuvio ad Ischia ammira, con l'animo in pace, la più bella regione del suo Regno.

Carlo Antuono
(da Il Sidicino - Anno IV 2007 - n. 9 Settembre)