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Presentato il libro di poesie "Myosotis",

di Carmen Melese
 
Foto di Mimmo Feola
 

Lo scorso 8 settembre, nella sala congressi del Loggione del Museo Archeologico, è stata presentato l’ultimo componimento letterario di Carmen Melese, da anni validissima collaboratrice de “Il Sidicino”: la raccolta poetica “Myosotis”, che segna un’ulteriore ampliamento e sviluppo della sua espressione artistica, giungendo alla poesia dopo aver esplorato il terreno del racconto breve e della scrittura di testi teatrali.
Myosotis, dal nome musicale e suggestivo di un fiore spontaneo dai piccoli fiori azzurri e gialli conosciuto come “non ti scordar di me”, simbolo del ricordo, della speranza e dell’amore duraturo, chiara allusione e richiamo alle tematiche e allo stile della raccolta, ove predominano liriche brevi, asciutte, essenziali, incentrate sul tema dell’amore, amore tout court, del ricordo, della natura.
Nonostante il buio periodo di crisi economica e sociale che ci attanaglia, che non favorisce di certo questo tipo di iniziative culturali che presuppongono un impegno, un’attenzione e una partecipazione emotiva e intellettuale, cui ormai siamo disabituati da anni di suicide frequentazioni social, e che non rientrano nel solito circuito delle innumerevoli sagre enogastronomiche estive che ci allietano certamente ma che alimentano solo il senso visivo e gustativo, la sala era invece sorprendentemente piena, come da tempo non si vedeva.
Piena di conoscenti, colleghi e amici di Carmen, studenti ma anche di tanti giovani e di persone comuni che ancora si beano della lettura e che ricercano valori e emozioni che solo l’immersione totale e totalizzante in un’opera letteraria e poetica riescono a dare.
La presentazione e la lettura di alcune poesie, dopo gli interventi istituzionali del Sindaco avv. Gianni Scoglio e dell’Assessore Prof.ssa Maddalena Bovenzi, e il contributo del Dott. Emiddio Scoglio che, con parole toccanti, ha rievocato antichi trascorsi e rapporti di solida amicizia con i genitori di Carmen, moderati dall’avv. Rosanna Matarazzo, è avvenuta in un clima di quasi sospensione temporale e avvolti e cullati dalle onde sonore della musica melodiosa e straordinaria del Maestro Raffaele Rigliari. Un connubio significativo e eloquente di melodia, ritmo e sonorità, di poesia e musica.
È stata una serata estremamente positiva e piacevole, una manifestazione brillante e partecipata in una sede istituzionale (location, come orrendamente e da colonizzati linguistico-culturali, si usa dire) prestigiosa e magnifica ma che, forse, potrebbe essere l’ultima, come da comunicazione del Direttore del Museo.
Il tutto in conseguenza dell’impossibilità di garantire il controllo e la sicurezza dell’immobile e dei reperti ivi presenti, per la mancanza ormai cronica di personale.
Frutto avvelenato della “riforma Franceschini” che punta tutto sulla valorizzazione dei grandi attrattori culturali, in una visione economico aziendale che ha mercificato la Cultura e i Beni Culturali, i Musei e le opere d’arte, aprendo indiscriminatamente ai privati e aumentando a dismisura i biglietti d’ingresso ai musei e ai monumenti, a discapito degli innumerevoli siti minore che costituiscono l’immenso patrimonio culturale diffuso del nostro Paese.
Con un’allarmante carenza di personale e di fondi che sta assestando un colpo mortale alla definizione di Patrimonio culturale come Bene comune, e sta rendendo la conoscenza e la fruizione dei Beni culturali una questione elitaria e classista.
Alla presentazione del libro di Carmen Melese è mancato, per un improvviso e non rimediabile contrattempo, il poeta Nicola Aurilio autore della prefazione che, comunque, ha fatto pervenire una sua nota critica sul lavoro dell’autrice, di cui di seguito presentiamo un’ampia sintesi.
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“Carmen Melese è autrice di alta sensibilità poetica. La sua penna, attraverso un periodare dotato di miracolosa grazia, sa manifestare compiutamente ciò che la sua anima avverte, e lo fa rendendo partecipe il lettore, che rimane stupito da versi che scolpiscono sensazioni universali, moti che tutti proviamo e pochi sanno dire.
Allora dobbiamo essere grati a chi ha tradotto le nostre pulsioni ammantate di nebbia, vestendole di luce, a chi ha saputo dire ciò che noi abbiamo solo intravisto senza saperlo esplicitare.
Il suo è un dettato conciso, distillato in purezza, dove niente di vano trova posto. Questo è un dono incommensurabile: la concisione può possederla solo chi sa cosa basta dire, chi sa chiudere l’universale in una rima.
Lei, in questa incantata e incantevole silloge, conferma appieno, e in modo più meditato di altre precedenti prove, le sue già consacrate qualità.
L’amore, il sentimento più alto e nobile che l’uomo possa nutrire, è ricorrente in tali versi. Quello per la persona che ci sommuove l’anima, quello che dovrebbe sempre albergare in chi ha vera fede, quello per la natura, intesa come madre che tutto genera, l’amore per chi è meno fortunato di noi e al quale è doveroso tendere una mano, e donare un sorriso.
Ma è, soprattutto, come pennella queste sensazioni, che ci affascina e ci fa amare i suoi scritti, che c'induce a leggere e rileggerne le rime, rime che sanno gratificarci con un arricchimento del quale avevamo bisogno, poiché sanno farsi balsamo che lenisce le ferite che la vita mai ci lesina.
Carmen Melese ci dona una boccata d’aria pura, un orizzonte, un altrove che è conforto e linfa per le nostre stremate radici. Questo dono può offrirlo solo chi è padrone dello spartito invisibile che costituisce l’essenza dell’autentica poesia” (dalla nota di Nicola Aurilio).

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XX 2023 - n. 9 Settembre)

Foto di Mimmo Feola
Foto di Mimmo Feola