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REMO BODEI - L'arte di vivere e la filosofia del limite

 
L’arte di vivere e la filosofia del limite
 
 

Il 7 novembre dell'anno appena concluso ci ha lasciato il grande filosofo sardo Remo Bodei.
Una delle intelligenze più fulgide del nostro tempo. Uno dei filosofi più creativi, raffinati e eclettici della cultura italiana e internazionale.
Nato a Cagliari il 3 agosto del 1938, dopo gli anni di scuola a Roma e la laurea a Pisa, inizia il percorso di approfondimento dei suoi studi in diverse università tedesche: Tubinga, Friburgo, Heidelberg, Bochum, fondamentale per la formazione e lo sviluppo delle tematiche che lo appassioneranno e lo guideranno e che rappresenteranno il fulcro del suo universo teorico.
Qui entra in contatto e si confronta con maestri famosi e prestigiosi quali Ernst Bloch teorico del “principio speranza”, Karl Lowith, Eugene Fink, cominciando il suo personale itinerario di ricerca e studi sull'idealismo classico tedesco e dell'età romantica, diventandone uno dei massimi esperti, per poi inoltrarsi, dilatando gli orizzonti e il raggio d'interesse, sui sentieri del pensiero utopistico novecentesco, fino al marxismo dello stesso Bloch e della Scuola di Francoforte di Walter Benjamin e Theodor Adorno. Occupandosi, in seguito, diffusamente, del razionalismo di Baruch Spinoza e dell'ermeneutica di Hans-George Gadamer.
Pubblica, sull'idealismo e su uno dei suoi autori d'elezione, il fondamentale: “Sistema e epoca in Hegel” nel 1975, poi riproposto, ampliato, col titolo “La civetta e la talpa” nel 2014.
Diventa docente presso la Normale di Pisa e, successivamente, di vari atenei europei e americani, come Cambridge, Ottawa, New York, Città del Messico, l'Ucla di Los Angeles.
Attento e profondo analizzatore dei conflitti e delle contraddizioni che dilaniano la condizione umana, di ciò che siamo e di ciò che vorremmo essere, dei temi della ricerca della felicità personale: “l'uomo è un animale desiderante e non smetterà mai di essere attratto da ciò che gli manca”, citando spesso l'amato Spinoza, e dei vincoli che la subordinano, ha lungamente analizzato le implicazioni etico politiche del contrasto ragione-passione, cercandone la comprensione e la composizione: “Capire le passioni, invece di opporvisi o di reprimerle testardamente, significa accettarne preliminarmente la presenza e l'ineliminabilità, con una sorte di atteggiamento umile che paradossalmente dona alle facoltà razionali una forza maggiore che le esalta e che costituisce la premessa all'eliminazione degli effetti perversi delle passioni. Senza condannarle o osannarle… Comprendere equivale a smorzare quelle oscillazioni contraddittorie attribuite alle passioni – che stupiscono e allarmano la ragione – per cui si producono, in rapida successione, stati d'animo opposti e inquieti (paura e speranza, tristezza e gioia, odio e amore)”.
Con opere rigorose e di enorme nitore, quali “Scomposizioni” del 1987; il fondamentale “Geometria delle passioni” del 1991; “Ordo amoris” del 1991.
Filosofo del dialogo, dell'incontro tra “culture separate”, capace di profonde e lucidissime analisi politiche e sociali, cultore della memoria e studioso dotato di memoria prodigiosa: in grado di citare lunghi brani di autori greci e latini in lingua originale, dagli interessi molteplici e poliedrici, dilata le sue ricerche filosofiche ricomprendendovi la musica, la poesia (Leopardi), l'estetica.
Entra nel dibattito politico culturale, e nel magma dei sommovimenti studenteschi del '68, fautore critico del “Movimento”, su posizioni di sinistra ma mai organico ad alcun partito, confrontandosi e dialogando con Badaloni, Bobbio, Veca.
Propugnatore puntiglioso e fermo di una seria politica ispirata ai valori storico culturali alla base della Costituzione, allarmato dalla degenerazione politica appiattita sempre più sull'immediato, senza alcuna progettualità e spessore storico, incapace di confrontarsi con le grandi trasformazioni del mondo contemporaneo, interviene sistematicamente a favore di un impegno capace di riorientare gli individui verso la conoscenza e la responsabilità e di rivolgerli verso altre culture e orizzonti globali.
Discute delle problematiche della Resistenza e dell'Europa, indicandola come patria di una “memoria divisa”, in cui il fascismo, il nazismo, la resistenza e le stragi della seconda guerra mondiale, hanno contribuito a modulare, strutturare, e divaricare, le varie identità nazionali.
Alla modernità e agli sviluppi scientifici, all'irruzione massiccia delle biotecnologie e delle macchine intelligenti, con le colossali implicazioni etiche cha la caratterizzano, riguardanti la manipolazione della vita, il postumano, il condizionamento delle coscienze, la memoria che cambia e si dissolve, indirizza gran parte delle sue ricerche, fino all'ultimo lavoro: ”Dominio e sottomissione. Schiavi, animali, macchine, intelligenza artificiale”.
Focalizzando l'attenzione sulla trasformazione delle coscienze e sui modi di essere liberi, perché: “si tratta di stabilire limiti e di creare una cultura dei limiti, di evitare una privatizzazione o un interesse privato nelle scoperte scientifiche e di non porre ostacoli dettati solo dalla paura… Ci vuole umiltà ... e l'etica funzionerà sempre meglio come guida che non come freno”.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XVII 2020 - n. 1 Gennaio)