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Indice Martino Amendola
 
 

Una petizione per salvare il Museo Campano

 
Lo sfascio dei Beni Culturali
 
Foto di Vincenzo Lerro
 

I nostri Beni Culturali sono sempre più a rischio, sempre più abbandonati a se stessi, all'incuria, al degrado. L'insipienza e la mediocrità della classe politica governante, unite ad una visione mercantile e liberista, miope e suicida, della cultura e della tutela e valorizzazione dell'immenso patrimonio, materiale e immateriale, che universalmente contraddistingue il nostro Paese, non poteva che portare a questi esiti. Quando uno stato stanzia appena lo 0,11% del Pil, per i finanziamenti per la cultura, risultando penultimo in Europa, dopo Cipro e Malta e appena prima della Romania, destinando gli esigui finanziamenti solo ai grandi attrattori turistici, trascurando la costellazione degli altri siti culturali, quando suoi ministri, senza alcun pudore, dichiarano che: “Con la cultura non si mangia”, e poi, rincarando, senza infingimenti, si lanciano in biechi apprezzamenti degli Istituti di tutela : “Soprintendenza, la parola più brutta del vocabolario”, allora tutto diventa chiaro.
Perché la filosofia, il fine, che sta al fondo di questa visione, che regge il disegno, non è altro che la privatizzazione dei Beni Culturali e Paesaggistici, la riduzione ai minimi termini dell'intervento e competenza dello Stato; lasciando senza mezzi finanziari, legislativi e di personale le soprintendenze, i musei, le biblioteche, gli archivi, delegando al volontariato ogni onere. 
Allora è inutile meravigliarsi, turbarsi, al quotidiano susseguirsi di notizie riguardanti nuovi monumenti e opere artistiche in pericolo di rovina, allo stillicio di allarmi e di invocazioni.
Questo scempio in atto, che ha radici lontane, con gli ultimi governi sta toccando livelli inusitati, con riforme che sono vere e proprie controriforme, facendo tornare indietro di decenni  la legislazione in materia: la riforma Franceschini-Renzi; la recentissima legge di modifica della 394/1991 sui Parchi e le Aree Protette. Inframmezzate dal provvedimento di cancellazione del libero ingresso nei musei ai pensionati over 65, e l'apertura gratis per tutti solamente una domenica al mese, con conseguente ressa e sovraffollamento, a scapito della fruizione e del godimento, e con pericoli per gli stessi musei e allestimenti; e dalla legge nota come “Sblocca Italia” con tutte le nefaste conseguenziali ricadute sul paesaggio e l'ambiente. 
Perché, per dirla con Tomaso Montanari e Christoper Lasch, “siamo in presenza di una “visione essenzialmente turistica” della classe dirigente, che non ha nulla a che fare con le comunità che governa”.
 In tal modo, l'elenco dei siti in pericolo, dei monumenti e delle opere da salvare, si ingrossa e si allunga sempre più, comprendendo, al momento, per restare solamente nel nostro ambito territoriale e alla “Lista Rossa” di Italia Nostra, oltre al Teatro Romano della nostra Città, di cui abbiamo già dato conto sul “Sidicino”di aprile: l'Acquedotto Carolino, del Vanvitelli; la reggia-fattoria borbonica di Carditello; l'antico borgo di Casapozzano (Orta di Atella) con il Castello Ducale e la chiesa di S. Michele; il Palazzo Ducale di Piedimonte Matese; la chiesa di Santa Maria della Valle a S. Angelo d'Alife; l'Anfiteatro di S. Maria C.V.; La basilica benedettina di San Michele Arcangelo a Sant'Angelo in Formis (Capua); il Complesso di S. Francesco e il Palazzo Ducale di Castel Morrone; l'Abbazia di Santa Maria della Ferrara a Vairano Patenora; il museo Provinciale Campano di Capua.
Per il Museo Provinciale Campano di Capua, una della più antiche e prestigiose raccolte campane, fondato dal canonico Gabriele Iannelli nel 1870 e inugurato nel 1874, ritenuto da Amedeo Maiuri, che ne curò il riordino nel 1933, “il più significativo della civiltà italica della Campania”, gli atenei campani, a partire dall'Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli - Seconda Università degli studi di Napoli, hanno promosso una pubblica petizione per scongiurare il reale pericolo della sua chiusura. Il Museo, di proprietà della provincia di Caserta, non rientra né nel Polo Museale della Campania (Mibact) né nel Polo Museale “Terra di Lavoro” della regione Campania e, con il riordino delle province e le nuove gestioni amministrative, la copertura finanziaria per le attività istituzionali, già prima assolutamente insufficiente, ora non è più garantita, mettendone in serio pericolo la sopravvivenza.
Il Museo è ospitato nello splendido “Palazzo Antignano”, edificato nel IX sec. durante la dominazione longobarda, ricostruito e ampliato dalla famiglia Antignano  nel XV sec., con portale durazzesco-catalano caratterizzato dal bellissimo disegno tricuspidato  ed è articolato in due reparti: Archeologico e Medievale, con annesse un'importante biblioteca, una pinacoteca e un archivio storico; presenta 32 sale espositive, 20 di deposito, tre grandi cortili e un vasto giardino. I reperti raccolti, di una ricchezza unica, illustrano fedelmente la storia trimillenaria della Città e del territorio e dei suoi abitanti: Osci, Etruschi, Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, con collezioni di sculture di epoca romana, sarcofagi, mosaici pavimentali e parietali, monete e terracotte, vasi, che vanno dall'età del ferro fino al III-IV sec. a.C., sculture federiciane e rinascimentali, ceramiche, e l'importantissimo lapidario, il più grande dell'Italia meridionale, catalogato dal grande Theodor Mommsen nel 1873.
Ma, il vanto, la peculiarità del Museo, testimonianza unica del genere, è dato dalla preziosa raccolta delle Matres Matutae, oltre 130 stutue votive in tufo, ascrivibili probabilmente tra la fine del V e il I sec. a.C., raffiguranti figure fenmminili sedute in trono con uno o più bambini tra le braccia, rappresentanti la divinità italica della Mater Matuta, legata al culto della fertilità e della nascita.
La petizione, chiede al Ministero dei Beni culturali e alla Regione: “risorse finanziarie sicure, un organico stabile e una direzione scientifica all'altezza dell'enorme valore culturale del Museo”, dal momento che la direzione oggi risulta affidata, insensatamente, ad un ingegnere che si occupa di viabilità e ecologia. Scelta irrazionale ma, purtroppo, perfettamente in linea con la deriva legislativa in atto!

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XIV 2017 - n. 6 Giugno)

 
Basilica benedettina di S. Angelo in formis (foto di Mimmo Feola)