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Indice Martino Amendola
 
 

Terremoto prevenzione e falsa coscienza

 

Il terremoto del 24 agosto di Amatrice e Accumoli, che ha colpito una vasta zona dell'Italia centrale, portando devastazione e lutti, ad oggi i morti ufficiali assommano a 297, e che ha raso al suolo interi borghi dell'Appennino centro-meridionale, ha brutalmente riportato all'attenzione generale il ricorrente e irrisolto problema della vulnerabilità e fragilità del nostro territorio, del nostro ambiente, e della mancanza di qualsivoglia progetto di messa in sicurezza.
Con ancora negli occhi le immagini terribili di quanto accaduto appena sette anni e mezzo fa a L'Aquila, e intenso e presente il riecheggiare delle infinite polemiche scaturite dalla volontà del governo berlusconiano di anteporre e privilegiare il famigerato e costosissimo piano della “New-Town”, dimostratosi poi fallimentare, alla ricostruzione del paese, sradicando gli abitanti dai loro contesti urbani e affettivi sentimentali, togliendo vita e anima alla comunità, dobbiamo di nuovo fare i conti con una nuova catastrofe e con il suo enorme carico di vittime e distruzioni.
Dobbiamo ancora una volta interrogarci sui perché di tali tragedie, e sulla ineluttabilità o meno delle sue cause, debellando la cultura, l'ideologia dell'emergenza, degli interventi straordinari, favorendo al contrario una cultura della prevenzione, della manutenzione, e dell'educazione al rischio.
Chiederci perché nessun altro paese industrializzato e con simile elevato rischio sismico si sbriciola come il nostro ad ogni terremoto.
Perchè, i terremoti sono all'ordine del giorno, succedono frequentemente e ad ogni latitudine e longitudine, ma con conseguenze, in termini di vite umane e di distruzioni, molto diversificate tra loro, legate alla densità demografica, alle tipologie e tecniche costruttive, e al maggior o minor grado di “cultura del rischio”.
Tanto che nell'anno in corso, fino all'evento di Amatrice, si sono contati sull'intero pianeta 67 terremoti di identica o maggior potenza, ma nessuno ha causato tante vittime, solo quello in Equador, ma che aveva una magnitudo ben più elevata.
Perché ad uccidere non è il terremoto in sé, ma gli edifici che noi costruiamo e abitiamo, ove lavoriamo e viviamo che, per la loro intrinseca vulnerabilità, ci crollano addosso se non costruiti ad arte, se non manutenuti attentamente e ordinariamente, se non adeguati al rischio sismico dell'area in cui insistono.
Allora dobbiamo porci il problema di quanto emerso ad Amatrice e nei paesi dell'epicentro, e prima ancora a L'Aquila, a S. Giuliano di Puglia, e a tanti altri casi emblematici, e constatare amaramente l'evitabilità di quei disastri, di quelle tragedie, di quelle morti.
Perché a crollare sono stati proprio quegli edifici che avrebbero dovuto, invece, accogliere in sicurezza la popolazione: la scuola, l'ospedale, il municipio, l'albergo, ad Amatrice; il campanile ad Accumoli (precedentemente, la scuola a S. Giuliano di Puglia, la Prefettura e la Casa dello Studente a L'Aquila), tutti edifici che sono stati interessati negli ultimi anni da interventi di miglioramento edilizio e adeguamento alle prescrizioni di legge.
Situazioni queste, che hanno spinto la magistratura ad aprire fascicoli e avviare inchieste per indagare sui lavori, sull'imperizia delle ditte e dei tecnici (vedi il caso dei tetti in cemento armato su antiche mura di pietre) sull'omissione dei controlli, e sulla corruzione, onnipresente.
Perché, secondo gli studi di N. Ambraseys del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell'Imperial College di Londra, e del geologo R. Bilham, dell'University of Colorado di Boulder, l'83% dei morti causati dai terremoti si verifica in paesi, come l'Italia, ad alto tasso di corruzione.
Viviamo, purtroppo, in un contesto socio-ambientale degradato, dove la percezione della superficialità e faciloneria, della disonestà, del malaffare, della criminalità, è altissima, si sente a pelle, tanto da far candidamente ammettere al capo del pool investigativo di Rieti che “da cittadino penso quello che pensano tutti, ma da PM mi devo attenere alla risultanze processuali quando verranno acquisite”.
I terremoti non si possono prevedere, nessun sismologo è in grado di anticiparli, ma certamente, grazie ai dati scientifici, storici e statistici, si può sapere dove e in quali luoghi avverranno con altissime probabilità, e rendere possibile la previsione e l'attivazione di adeguati e conseguenti piani di interventi atti a scongiurare tali nefaste conseguenze.
Dando vita ad un serio e rigoroso progetto di risanamento e adeguamento sismico nazionale, verificando la tenuta statica degli edifici a partire da quelli pubblici, quali scuole e ospedali in primis, prevedendo una pianificazione dell'uso dei suoli, e la messa in sicurezza dei nostri borghi e centri storici, con tecniche anti sismiche, oggi largamente conosciute e utilizzate, che rispettino pienamente il patrimonio storico culturale, e lavorando sulla conoscenza e sull'educazione al rischio.
Destinando ad esso adeguate risorse economiche e non il misero 1% del fabbisogno stimato, che viene stanziato dall'attuale come dai precedenti governi.
Perché un paese abbacinato e lusingato dalla previsione di grandi opere, l'unica grande opera di cui ha veramente bisogno, necessaria e indifferibile, è quella della prevenzione, della tutela e salvaguardia, della messa in sicurezza del territorio, che frana ad ogni temporale, si polverizza ogni volta che la terra trema.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno XIII 2016 - n. 9 Settembre)

Foto: Meteoweb