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Indice Martino Amendola
 
 

Le primarie del PD

 
Cronaca di una vittoria annunciata
 

Con una partecipazione al di là di ogni aspettativa, circa due milioni e settecentomila votanti, l'8 dicembre il popolo delle primarie del PD ha decretato la vittoria larghissima (il 67%) alla carica di segretario politico al giovane sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
Vittoria, questa, largamente preventivabile, alla luce dell'enorme esposizione mediatica goduta e del sostegno di buona parte dell' establishment editoriale ed economico-finanziario, ma certamente non in maniera così netta e schiacciante.
Risultato che ha evidenziato una divaricazione non di poco conto tra gli iscritti al partito, i militanti e la dirigenza, che nelle primarie interne si erano divisi in maniera quasi esatta tra i sostenitori del candidato di provenienza centrista e quelli di sinistra, e l'indifferenziato agglomerato che ha votato in una competizione assurdamente aperta a tutti, iscritti e non.
A Teano, alla chiusura dei seggi, sono stati conteggiati 768 votanti con 518 voti per Renzi, 199 per Cuperlo e 34 per Civati, con percentuali per i singoli candidati quasi identiche a quelle nazionali.
Votanti, in linea con quelli delle precedenti primarie del 25 novembre 2012, che portarono all'elezione di Bersani, ma in flessione di oltre 150 dalle primarie del 2009, quando il solo Franceschini ottenne 782 voti. Mentre, invece, è cresciuto il voto per i candidati di sinistra che hanno più che raddoppiato l'esito precedente, ottenendo 233 voti.
Grazie ai voti della componente ex DS e a quelli di un ex assessore prima orientato diversamente.
Affluenza in controtendenza, però, rispetto alle primarie interne, dal momento che gli iscritti sono quasi triplicati rispetto agli ultimi anni, arrivando a oltre 350.
Sempre per il perverso meccanismo di uno Statuto bislacco e irrazionale che prevede la possibilità d'iscrizione il giorno delle votazioni.
Determinando deprecabili situazioni, come a Isernia, a Frosinone, a Caserta, ad Avellino e a Salerno, per restare solamente nelle nostre zone, che hanno riproposto i “fasti” della vecchia Dc e dei pacchetti di tessere portati in dote dai maggiorenti del partito.
In spregio ai tanti che ancora credono fermamente nel valore pregnante di una scelta ideale vissuta come scelta di campo (una volta “di vita”) e di un conseguente impegno attivo e costante.
Con questo esito, e con questi numeri, si aprono adesso scenari e prospettive che rimescolano e rimettono in gioco quei fragili equilibri su cui con estrema difficoltà si reggeva il PD e il governo nazionale.
Ora, Renzi, dopo il percorso tutto in discesa e pieno di agevolazioni e deroghe, chieste e ottenute, dovrà cominciare a fare i conti, anzitutto, con i tanti “rottamati” che, novelli Conti di Salina, si sono riposizionati prontamente con lui, oltre ai famigerati “101” che con il loro tradimento hanno bloccato ogni tentativo di cambiamento chiaro e lineare nel parlamento e nel paese, cui non potrà più rispondere con le consuete e stucchevoli battute, buone solo per la stampa, e poi con la drammatica realtà quotidiana.
Per la sinistra, interna al PD, in SEL, e fuori dal parlamento, che rappresenta larga parte del non voto, del rifiuto di questa politica, comincia necessariamente un duro e decisivo lavoro di rinnovamento profondo di cultura politica, di ricostruzione di un sentire comune, di un sostrato irrinunciabile di valori e idealità che questo ventennio berlusconiano ha contribuito a modificare e a rendere evanescente e impalpabile.
Per contrastare la deriva liberista, l'idea di riforma del mercato del lavoro di stampo bocconiano, ideologicamente antisindacale (basti ricordare l'agghiacciante “con Marchionne senza se e senza ma” in contrapposizione alla FIOM), l'accettazione della riforma Fornero, con tutte le conseguenti drammatiche ricadute sociali, la visione leaderistica della politica e delle Istituzioni, rappresentate da un sindaco che si presenta col cappello in mano nella residenza privata dell'allora presidente Berlusconi, per sollecitare interventi a favore di Firenze; invece che incalzarlo pubblicamente e duramente nelle sedi istituzionali.
Per ridiscutere e riportare nell'agenda politica questioni essenziali che riguardano il futuro e l'immediato presente dell'Italia e dell'Europa, dove la drammatica crisi sociale, alimentata da un capitalismo finanziario globale, parassitario e senza regole e limiti, e dalle politiche restrittive di rigore, mette a rischio la democrazia e la stessa idea di Stato.
A partire dai temi dell'uguaglianza e libertà, del lavoro e dei diritti sociali e da un idea di progresso centrato sulla sostenibilità ecologica, sull'irrinunciabilità della proprietà collettiva dei beni comuni, sull'attuazione vera della Carta Costituzionale, sul rafforzamento della scuola e della sanità pubblica.
Per uno Stato aperto e inclusivo, per una nuova coesione sociale, e per arginare la deriva populista, demagogica e antipolitica che sta soffocando e avvelenando l'odierno contesto storico.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno X 2013 - n. 12 Dicembre)