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Indice Martino Amendola
 
 

Il nuovo piano casa della Regione Campania

 

La regione Campania ha appena approvato con L.R. n. 1 del 05.01.2011 il nuovo Piano casa, modificando, in peggio, la L. R. n. 19/2009 già a sua volta acerbamente criticata e considerata una minaccia per i centri storici, il paesaggio e per l'assetto del territorio, tanto da stimolare ricorsi e un appello al Presidente della Repubblica, e la L.R. n. 16/2004 che detta le “norme sul governo del territorio”.
Intervenendo particolarmente su quest'ultima, depurandola dalla possibilità dell'intervento consultivo delle organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali e ambientaliste, nella predisposizione del PUC, e dalla partecipazione dei soggetti portatori di interessi diffusi al procedimento finalizzato agli Accordi di programma, con tanti saluti alla democrazia partecipata e all'urbanistica condivisa.
I cambiamenti di maggior impatto, a una prima lettura, sono rappresentati dalla possibilità di interventi di ampliamento fino al 20% della volumetria esistente, per residenze uni-bifamiliari; su edifici di volumetria non superiori a 1500 metri cubi (il vecchio limite era di 1000); su quelli di non più di tre piani fuori terra, oltre al piano sottotetto.
La prevalenza dell'uso residenziale, per gli ampliamenti, prima riferito alla sola parte utilizzata, ora è fissata al 70% dell'intero fabbricato, con l'esclusione dal computo dei locali tecnici, delle scale, degli ascensori.
E' prevista la possibilità di intervenire in zona agricola, con mutamenti della destinazione d'uso degli edifici, o di loro parti, per uso residenziale e la realizzazione, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, di nuove costruzioni ad uso produttivo: le famigerate “produttive”, che a Teano ben conosciamo, sorte come funghi e a macchia di leopardo, deturpando il paesaggio, nel breve volgere dell'agosto 2007, e senza essere strettamente funzionali alla conduzione dei fondi agricoli.
Il Piano casa prevede, ancora, la riconversione al residenziale dei siti industriali dismessi, anche per superfici superiori ai 15.000 metri quadrati (eliminando il limite imposto dalla L.R. n. 19/2009);
La delocalizzazione degli edifici abitativi situati nelle zone a rischio idrogeologico e nella zona rossa del Vesuvio, con l'incentivazione dell'ampliamento fino al 35% per quelli regolarmente autorizzati o condonati;
L'aumento, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, del 35% della volumetria dell'edificio esistente, per gli interventi di demolizione e di ricostruzione, con il mantenimento delle distanze.
Il tutto, condito e rinvigorito dalla cancellazione di due importanti limitazioni fissate precedentemente: quella che prevedeva la possibilità di intervenire solo sulla prima casa, e il divieto di cumulabilità degli ampliamenti previsti da norme diverse; e, in soprappiù, dall'eliminazione anche dell'obbligo di rimozione delle barriere architettoniche.
Le ragioni e le considerazioni alla base del nuovo Piano casa, esplicitamente dichiarate e poste come obiettivo prioritario a contrastare la grave crisi economica, e a tutelare i livelli occupazionali, affondano le radici, e trovano linfa, nell'italico assunto che l'edilizia e il mattone siano la panacea di ogni male.
Questo, in una regione dove la speculazione e l'abusivismo edilizio è pratica quotidiana e di tale portata da devastare enormi porzioni del territorio, con maggior incidenza su quello più delicato e bisognevole di tutele, tanto che solamente nell'ultimo decennio hanno visto la luce oltre 60.000 case abusive. Dove lo scempio ambientale è causa di tragedie, quali quelle di Sarno e di Ischia.
Dove, invece, è impellente un progetto strategico e una seria politica di governo per la messa in sicurezza e la salvaguardia del territorio, con la valorizzazione del patrimonio paesaggistico, la tutela dei centri storici e dei beni storico artistici, l'uso parsimonioso dei suoli, il mantenimento dell'integrità delle aree agricole e degli ecosistemi.
Per rilanciare il settore edilizio, senza il serio rischio di nuove colate di cemento e di stravolgimento ambientale, sarebbe bastato intervenire con agevolazioni e incentivi per il recupero, il risanamento, la riqualificazione e la manutenzione dell'immenso patrimonio edilizio, pubblico e privato, abbandonato e in rovina, presente nei nostri centri storici, nelle nostre degradate periferie, innalzando, in tal modo, anche il livello di vivibilità e la qualità della vita degli abitanti. Poiché, il numero di abitazioni, di vani, già edificati, sono oltremodo sufficienti per le esigenze della popolazione residente.
La nostra più grande risorsa, il nostro incommensurabile patrimonio, culturale e naturale, non deve essere in alcun modo messa a repentaglio, perché non è assolutamente pensabile di uscire dalla crisi, inseguendo miopi e suicide politiche di sviluppo, distruggendo il territorio e il paesaggio.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno VIII 2011 - n. 3 Marzo)