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Indice Martino Amendola
 
 

Manutenzione e Restauro

 
La lunetta del portale dell'Annunziata
 

Il nostro territorio, ricco di storia e di stratificazioni culturali millenarie, con preesistenze archeologiche, architettoniche e monumentali, di eccezionale qualità e consistenza, risulta in uno stato di totale abbandono, di incuria e di degrado. Territorio che, nonostante sia stato baciato dalla dea Fortuna, per l'enorme fertilità dei suoli, la ricchezza ambientale, la bellezza del paesaggio, le condizioni climatiche, sconta purtroppo un ritardo secolare per quanto attiene invece la consapevolezza di ciò, la sensibilità e la cultura, dei suoi abitanti e della sua classe dirigente.
Dirigenza che brilla per assoluta mancanza di comprensione della valenza culturale e socio-economica di tali ricchezze, per una politica di gestione del territorio miope e suicida che si innesta in ritardi e ambiguità normativi, e in un contesto privo di un'adeguata schedatura scientifica del patrimonio culturale.
In queste condizioni intervenire per la salvaguardia, la conservazione, la manutenzione, del bene storico-artistico diventa estremamente problematico, in mancanza di una seria programmazione, unita alla cronica scarsità di fondi destinati al patrimonio culturale dal governo centrale.
Il restauro, che dovrebbe rivestire carattere eccezionale, diventa allora la norma. Capovolgendo di fatto le modalità, la tempistica, e i principi orientativi universalmente accolti dalla comunità scientifica, ispirati dalle teorie di Cesare Brandi, della “Carta di Venezia”, e in gran parte recepiti dal recente Codice dei Beni Culturali.
Allora si comprende il perché di tanti interventi “eccezionali” che servono, spesso, a salvare il salvabile, anche a costo di sacrificare elementi e strutture giudicati di scarso valore, in favore di altri ritenuti di grande importanza, come quello interminabile che interessa da un quarantennio la chiesa preromanica di S. Benedetto.
Altre volte, invece, l'eccezionalità è puramente un espediente formale tecnico-burocratico, per giustificare e avvalorare richieste di finanziamenti e autorizzazioni, basti pensare ai lavori al santuario di S. Antonio che hanno interessato anche i capitelli tufacei del chiostro, irrimediabilmente rovinati da un improvvido e dilettantesco intervento di pulitura con sabbiatrice.
Altre volte ancora, risultano assolutamente incomprensibili, sconcertanti, in assenza di qualsivoglia argomentazione: come il restauro della lunetta marmorea del portale d'ingresso della chiesa dell'Annunziata. Chiesa, questa, rappresentante un notevolissimo esempio di barocco napoletano, opera di Domenico Antonio Vaccaro, gravemente danneggiata dai bombardamenti dell'ultima guerra e oggetto di discutibilissimi e malriusciti interventi di restauro “creativo”.
Restauro che ha comportato la ricostruzione della copertura completamente modificata nella sagoma e nella struttura, con l'alterazione della qualità spaziale interna originaria, il rifacimento della cupola con lanterna, realizzata in metallo come la copertura, con tamburo molto pronunciato in luogo della preesistente a calotta ribassata; e suggellato dalla ripulitura della lunetta.
Operazione di ripulitura, questa, duramente stigmatizzata dal “Comitato per la salvaguardia di Piazza Umberto I e della Casina”, a margine della denuncia del progetto di demolizione della Casina, inviata a suo tempo al Ministro per i Beni Culturali, che qui riproduciamo, unitamente alle foto della lunetta, prima e dopo l'intervento, da cui emerge l'impressionante danneggiamento prodotto, con l'altorilievo ridotto alla stregua di un pallido calco in gesso.
“(…) Sig. Ministro, per finire, ci conceda di abusare ancora della Sua disponibilità per segnalarle lo sconcerto dei cittadini che hanno assistito al restauro della chiesa settecentesca (nell'aspetto attuale), dell'Annunziata nei pressi della “Casina”.
Infatti, per la ripulitura della lunetta marmorea cinquecentesca, del portale d'ingresso, invece delle tecniche soft oggi di norma, (impacchi di acqua distillata, solventi leggeri, interventi manuali e di minimo impatto) si è proceduto con la tecnica della sabbiatura, effettuata con sabbia di grosso calibro, che ha eliminato la stupenda patina insieme ad un notevole spessore del materiale lapideo, arrivando ad espellere anche numerose inclusioni presenti nella massa, facendo perdere plasticità e rilievo all'opera.
Ci domandiamo se questa tecnica sia un “privilegio” riservato esclusivamente al nostro territorio o sia adottata anche a livello nazionale”.
Domanda chiaramente retorica e ironica, ma tendente a focalizzare e a rimarcare l'attenzione sull'aspetto più significativo e pregnante degli interventi di recupero e di restauro che devono essere indirizzati a conservare e a trasmettere al futuro, facilitandone la lettura e senza cancellarne le tracce del passaggio nel tempo, le opere di interesse storico, artistico e ambientale.

Martino Amendola
(da Il Sidicino - Anno VII 2010 - n. 6 Giugno)

 

La lunetta prima del restauro (foto Archivio A. Balasco)

 

La lunetta dopo il restauro (foto di Mimmo Feola)